LAMPIdusa.

Si tratta delle attese. Di quando sullo scoglio la mia mano è tesa, come parentesi verso la tua. Le tue parole, i tuoi occhi bagnati. Di quando il mare gonfia e di tempesta in tempesta decreta la fine. Si tratta delle attese. Di quando gli occhi cercano lontano e le tue braccia arrancano, stancano il costato e i piedi piangono. Di quando i pesci vorrebbero parlare e urlare aiuto, che la tua voce manca, tu straniero, tu diverso, tu insano, tu mio, mio uomo. Mio, fratello, radice, stomaco disfatto, cancro di un barcone, dal barcone rigettato. Mio tormento, mia tempesta, mia attesa disperata di salvezza. Si tratta delle attese. Di quando vorrei ma non posso, non ti vedo, ti lascio annegare. Di quando le coste cedono e canta il Mare. E mi inventerei braccioli, canoe, ponti, salva-genti. Mi inventerei l’Europa.
Si tratta della guerra che nel petto ci consuma, della fame il lunedì mattina, per tutti i giorni ancora. Si tratta dei tuoi figli con gli occhi tutti miei. Dei loro corpi lasciati ad asciugar la riva. Delle bestemmie soffocate nella gola. Del futuro, dell’accoglienza sacra ma incapace e sola. Delle tue scarpe piene d’acqua. Delle mie suole nuove, di quel che non posso e non faccio e non ti do. Del potere che sospira, dell’uomo troppo umano e dei tg in collegamento. Collego la mia vista, la mia parte che ho perduto. In questo mare troppo pieno, in questi giorni di dolore. Si tratta delle attese. Di quando qui ti attendevo vivo. Di quando mi attendevo. E ora più non credo.

3 comments

  1. aiagaia · ottobre 4, 2013

    Meravigliosa, mi commuovi.

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  2. Lele · ottobre 18, 2013

    Senza parole, tesoro. Paralizzata.

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