Disfare.

Sfatto il trucco, come la sera, prima di iniziare, prima delle notti giovani, bolognesi. Triste la sera, come gli occhi, dopo il tempo pieno, le pagine girate, girati gli angoli impossibili del pensiero divergente. Fuori schema, correre di opposizioni e slanci, per non lasciarsi andare e mani cercare, mani mancare. Le alternative valutare, scrutando il vuoto. Il passo dopo il tuo, il mio. In attesa, ancora fermo sul marciapiede, il pensiero divergente. Lo spazio chiuso delle mancanze, dei cortili senza fiori, dell’estate coi temporali, di ieri e ancora domani. Sfatto il foglio, come il principio sopravvalutato, prima di finire, prima di un domani incerto. Calda la sera, come i respiri intensi e introspettivi. Controproducenti. Il punto di fuga basso degli occhi belli, delle cose che non sai o sai già tutte, delle resistenze delle mani, dei bus di passaggio a portare via, a cancellare. Cancellare con costanza e avanti il prossimo, gradino, scoglio, schiaffo, peccato, bacio, rimorso, consiglio, sguardo, tappeto, soggiorno. Fare e disfare, per mantenere in vita il verde e i miei giardini senza fiori. Che sfatto resta il trucco per il nuovo giorno. E cancellare.